Certificazione energetica e compravendita immobili


Il 6 agosto 2008 è stato pubblicato sula GU n. 195 il DL n. 133 di conversione del DL n. 112 del 25 giugno 2008, recante “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”, il quale, al Cap VII “Semplificazioni”, art. 35 (Semplificazione della disciplina per l’installazione degli impianti all’interno degli edifici) comma 2-bis, recita: “Sono abrogati i commi 3 e 4 dell’art. 6 e i commi 8 e 9 dell’art. 15 del DLgs 19 agosto 2005, n. 192”. I commi del DLgs 192/2005 abrogati si riferiscono all’obbligo di allegare, nel caso ditrasferimento a titolo oneroso (art. 6 comma 3) o di locazione (art. 6 comma 4), l’attestato di certificazione energetica in originale o in copia autenticata. Viene quindi eliminato l’obbligo di allegare l’attestato di certificazione energetica dell’edificio. Conseguentemente sono abrogate anche le rispettive sanzioni (art. 15 commi 8 e 9) relative ai commi 3 o 4 dell’art. 6.
Il provvedimento, di fatto, annulla solo l’obbligo di allegazione dell’Attestato di certificazione energetica nei contratti di compravendita o locazione, e non l’obbligo di redazione dell’Attestato. Resta comunque l’obbligo di dotare l’edificio o unità immobiliare dell’attestato anche per gli edifici esistenti così come previsto dall’art. 6 comma 1-bis. In alternativa all’eliminazione dell’obbligo di allegazione e relativa sanzione, non è prevista nessuna sanzione nel caso in cui non si rispetti quanto previsto dall’art. 6 comma 1-bis. Il ruolo comunicativo della certificazione energeticaL’introduzione, da parte della Commissione Europea, dell’Energy Labelling per alcuni prodotti, tra i quali gli elettrodomestici, l’illuminazione artificiale, rientra tra le politiche di miglioramento dell’efficienza energetica, in quanto influenzano le dinamiche di mercato verso soluzioni e prodotti energeticamente più efficienti. Alcuni programmi di ricerca (VI Programma Quadro), i bandi dell’Intelligent Energy Europe e le Best Practices, sono incentrati esclusivamente sulla comunicazione (ad esempio il progetto “Display Campaign” www.display-campaign.org) quale strumento per ridurre i consumi energetici negli edifici. La comunicazione dei consumi energetici di un prodotto, anche complesso come un edificio od un appartamento, rientra tra le soluzioni adottabili ai fini di migliorare l’efficienza energetica negli usi finali. La semplificazione introdotta dal DL 112/08, elimina un “balzello” nel momento contestuale della compravendita (la produzione dell’Attestato di Certificazione o Qualificazione energetica), ma rischia di vanificare le finalità comunicative della certificazione energetica, in quanto nel principale momento nel quale l’acquirente acquisisce le informazioni sulle caratteristiche dell’immobile ai fini della compravendita, il venditore non è obbligato ad informarlo né sulle prestazioni energetiche dell’immobile, né sulle caratteristiche del sistema impiantistico (DL 112/08, art. 35 comma 2). L’abrogazione dell’obbligo di allegare l’attestato di certificazione energetica comporta due conseguenze:• per quello che concerne gli aspetti legali e giurisprudenziali, si crea una situazione di contrasto con quanto previsto dalla Direttiva 2002/91/CE e con quanto già legiferato da parte di alcune Regioni • per quello che concerne le ricadute nel mercato immobiliare, si rischia di “rallentare” la possibilità di utilizzare l’Attestato di Certificazione Energetica (ACE) quale strumento di informazione all’utente e di “marketing immobiliare” sia per le imprese immobiliari, in quanto solo per gli edifici di nuova costruzione l’obbligo di produrre l’ACE si traduce anche nell’obbligo di comunicare le prestazioni energetiche dell’edificio al proprietario, mentre nel caso di compravendita di edifici esistenti può essere prodotto anche successivamente all’atto di compravendita, e quindi viene meno la possibilità di usare le prestazioni energetiche quale elemento per la valutazione dell’immobile – e sia per le imprese, gli artigiani ed i professionisti che operano nel settore edile e nel settore dei servizi energetici (ESCo, Energy Manager, distributori, ecc.), per le quali si potrebbero ridurre le possibilità di eseguire gli interventi volti a migliorare la prestazione energetica degli edifici al fine di aumentarne la Classe ed il valore di “marketing”.Va da sé che il comportamento “virtuoso” del proprietario che vuole migliorare la prestazione dell’immobile al fine di aumentarne il valore, o dell’acquirente che vuole conoscere i costi energetici dell’immobile è comunque possibile, ed anzi grazie al DLgs 192/2005 è anche “certificabile”, ma senza l’obbligo di allegazione o di altro strumento di “messa a disposizione” dell’ACE, tali comportamenti rischiano di restare, appunto, virtuosi, soprattutto tenuto conto della scarsa informazione e sensibilizzazione che, in genere, l’acquirente ha sui temi di cui sopra, per quel che concerne gli immobili. GLI EFFETTI LEGISLATIVI Gli effetti dell’abrogazione ha conseguenze sia rispetto alla legislazione sovra ordinata, la Direttiva Europea, 2002/91/CE, sia rispetto alla legislazione regionale per le regioni che, in virtù dell’art 117 della Costituzione de dell’art 17 del DLgs 192/2005, hanno provveduto ad emanare propri provvedimenti sulla materia (Provincia Autonoma di Bolzano, Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria.)1. Il Consiglio Nazionale del Notariato ha redatto il documento “Appunti sull’abrogazione dell’obbligo di allegazione della certificazione energetica” nel quale chiarisce gli aspetti legislativi conseguenti a quanto previsto dal DL 112/2008, ed il comportamento da seguire da parte dei notai (e le relative responsabilità) nel redigere gli atti di compravendita. In primo luogo si evidenzia che l’abrogazione dei commi 3 e 4 dell’art. 6 crea un “vuoto normativo” rispetto alla Direttiva 2002/91/CE che all’art 7 comma 1 prevede: “l’attestato di certificazione energetica sia messo a disposizione del proprietario o che questi lo metta a disposizione del futuro acquirente o locatario, a seconda dei casi”. La Direttiva 2002/91/CE, quindi, non impone l’obbligo di allegazione del documento, ma ne prevede la “messa a disposizione”, lasciando agli Stati Membri le modalità di “messa a disposizione”. Il legislatore italiano al fine di garantire la messa a disposizione aveva previsto l’obbligo introdotto con i commi 3 e 4 dell’art. 6 e la relativa sanzione. Dal punto di vista strettamente giuridico, l’abrogazione di tale obbligo pone lo Stato Italiano in contrasto con quanto previsto dalla Direttiva comunitaria in quanto, attualmente, non è prevista alcuna modalità alternativa per garantire la messa a disposizione dell’Attestato di Certificazione rispetto all’acquirente.In secondo luogo l’abrogazione si pone in contrasto con i provvedimenti in materia già emanati dalle Regioni “virtuose”, creando una doppia applicazione del DLgs 192/2005 a livello nazionale e regionale. Per le regioni che non hanno legiferato in materia rimane valido quanto previsto dal DL 112/2008, ovvero la non obbligatorietà di allegazione dell’ACE per la compravendita. Per le regioni che hanno legiferato in materia con propri provvedimenti, si pongono due possibili interpretazioni: a) l’obbligo di allegazione persiste nelle regioni con propri provvedimenti, anche se la legislazione regionale, a questo punto, è viziata da incostituzionalità, ma tale incostituzionalità deve essere sollevata dinanzi alla Corte Costituzionale che dovrà dichiararne l’incostituzionalità. L’abrogazione prevista dal DL 112/2008 agisce su norme attinenti all’”ordinamento civile” in quanto allo Stato il compito di disciplinare i rapporti di diritto privato (compravendita) sul territorio nazionale. I provvedimenti approvati dalle Regioni prima dell’entrata in vigore del DL 112/2008, sono stati emanati conformemente con l’ordinamento civile previsto dal DLgs 192/2005 e quindi con quello nazionale. L’abrogazione prevista dal DL 112/2008 crea una situazione di contrasto in materia di ordinamento civile, tra quanto già approvato dalle Regioni e quanto ora modificato dallo Stato b) l’approvazione del DL 112/2008 comporta, da subito, l’abrogazione delle norme regionali (art.10 comma 1 Legge 62/53 legge Scelba), salvo che non sia ritenuto “di dettaglio”l’intervento del legislatore regionale lì dove prevede l’obbligo di allegazione.“in sostanza secondo quest’ultima ricostruzione, nelle materie in questione sussisterebbe una competenza regionale (concorrente e residuale), e quindi spetterebbe alle Regioni medesime dettare un’apposita disciplina nell’esercizio della propria potestà normativa ed amministrativa, trattandosi di normativa cedevole di dettaglio” 2 Si ricorda che resta comunque l’obbligo di dotarsi dell’Attestato di Certificazione Energetica ai sensi dell’art. 6 commi 1 e 1-bis, resta in quanto“giuridicamente rilevante”, nel momento in cui viene trasferito all’acquirente, anche se non è obbligatorio che sia contestuale al rogito, ma può essere precedente o successivo.Il documento de Consiglio nazionale del notariato sottolinea, in questo senso, il ruolo informativo del notaio ed invita alla massima prudenza. Quindi si tratta di capire quale è l’interpretazione da adottare: se l’abrogazione del DL 112/2008 comporti situazione di incostituzionalità, ma in questo caso occorre che sia la Corte Costituzionale a pronunciarsi, oppure l’allegazione è, di fatto, abrogata anche nei provvedimenti regionali (secondo la Legge Scelba), oppure tale abrogazione è da intendersi “di dettaglio” e quindi nelle Regione dove esistono propri provvedimenti resta valido l’obbligo di allegazione, anche se senza sanzioni. Quindi che fare? La semplificazione normativa ha creato una situazione ingarbugliata, a seconda delle Regioni, per l’applicazione della certificazione energetica in caso di compravendita, ed ha eliminato l’unica sanzione che poteva spingere verso la certificazione: la nullità dei contratti.A questo si può aggiungere la difficoltà o il ridotto rischio di controllo; perché i proprietari/venditori dovrebbero accollarsi i costi di una certificazione? Il rischio è che il processo di adeguamento del mercato all’uso della Certificazione energetica quale strumento di informazione e marketing, si rallenti, mancando le sanzioni, relegando la Certificazione energetica ai soli nuovi edifici che costituiscono meno del 2% dell’intero patrimonio immobiliare nazionale. Gli operatori del settore edile ed immobiliare, dopo l’approvazione del DLgs 192/2005, hanno accolto la sfida della Certificazione Energetica, tema che da almeno due anni è alcentro del dibattito, mediante articoli, convegni seminari, workshop ecc., è sufficiente vedere l’incidenza dei convegni su questo tema nelle fiere e riviste di settore. Le difficoltà evidenziate nell’applicazione del DLgs 192/2005 sono legate alla mancanza di regole certe, regole che avrebbero dovuto essere chiarite con l’emanazione delle Linee Guida nazionali per la Certificazione Energetica. La mancanza di tale regolamentazione sulla certificazione energetica (contenuti, figure, ruoli e costi) ha creato una situazione “ingarbugliata” ed incomprensibile, in particolare nel momento della redazione degli atti di compravendita, dato che, nel periodo transitorio, si è tradotto nell’obbligo della mera allegazione dell’Attestato di Qualificazione Energetica, obbligo che, in mancanza di un’adeguata informazione agli utenti e formazione degli operatori, è parso quale un ulteriore “balzello”. Le semplificazioni dovrebbero ridurre ed accorpare gli obblighi e gli adempimenti legislativi non eliminarli “a prescindere” dalle motivazioni per cui sono stati introdotti, in virtù del solo principio di eliminare i “balzelli” o i “lacci e lacciuoli” della burocrazia. Nell’acquistare un’automobile tra le informazioni richieste dall’acquirente sono date anche quelle relative al consumo di carburante. Nell’acquisto di un elettrodomestico, grazie all’etichettatura energetica, il consumatore è informato anche sulle prestazioni energetiche del prodotto (e se mancano non è possibile immetterlo in commercio). Allo stesso modo nell’acquistare un edificio od un appartamento, il cui valore e durata sono, di gran lunga, superiori all’automobile ed all’elettrodomestico, ed i cui costi energetici incidono in maniera importante quanto il costo/muto sul bilancio familiare e, tendenzialmente, in aumateria mento, l’acquirente dovrebbe sapere quanto incidono i costi e le prestazioni energetiche dell’edificio: sembra ovvio, ma nell’acquisto di un’abitazione non sempre vi è l’abitudine chiedere i costi energetici. Per tali ragioni la semplificazione togliere il “balzello” dell’obbligo allegare l’Attestato di Certificazione energetica non è a tutela del compratore del “bene edificio” in quanto venditore non è obbligato ad informarlo contestualmente all’acquisto dell’immobile di quanto l’edificio consumi ed i relativi costi energetici. A questo si aggiunge il ridotto rischio dei controlli, e la riduzione dei settori di intervento per operatori delle professioni tecniche e degli operatori dei servizi energetici, i quali hanno nell’informazione verso il compratore della prestazione energetica degli edifici, la possibilità di proporre soluzioni migliorative sia sugli aspetti energetici, sia su quello immobiliare. Il mercato e le professioni tecniche Il patrimonio immobiliare esistente in Italia è costituito da 10.947.000 edifici, di cui di nuova costruzione 26.681 (dato 2003 dal Libro Bianco Energia Ambiente Edificio ENEA 2005). Il numero di unità abitative è pari a 27.268.880 (dato Censimento ISTAT 2001) di cui 16.639.801 costruite prima del 1971 (61% del totale), quindi costruite prima di ogni legislazione in materia di contenimento dei consumi energetici degli edifici (Legge373/ 1076), e ben 25.107.535 prima dell’entrata in vigore della Legge 10/1991, pari al 92% del patrimonio edilizio esistente, quindi senza alcun tipo di documentazione relativa o criterio relativo al contenimento dei consumi energetici. Dal 2001 al 2008 sono state costruite circa 260.000 unità abitative nuove all’anno pari a circa 1.800.000 unità abitative (elaborazioni dati CRESME Congiunturale Cresme/Saie 2008), il che porta il numero di unità abitative al 2008 a circa 29.350.000. In questo contesto le nuove unità abitative rappresentano ogni anno circa l’1-2% del totale. Le unità immobiliari oggetto di certificazione, ogni anno, sono circa 800.000, il 2,7% dell’intero patrimonio immobiliare, di cui meno di 1/3 riferite alle nuove costruzioni. Il mercato immobiliare in Italia nel 2007 ha avuto 806.225 atti di compravendita, con un calo del 4,6% rispetto al 2002 (Agenzia del Territorio: Rapporto Immobiliare 2008). I conti energetici La maggior parte degli articoli e libri sul tema “certificazione energetica” iniziano con il sottolineare l’incidenza dei consumi energetici ed i costi ambientali legati agli edifici e del settore edile, ma le politiche energetiche e le campagne di comunicazione per l’ambiente e l’energia si concentrano sul trasporto (blocco auto per ridurre l’inquinamento) oppure sulla produzione di energia con nuove centrali (vedi anche il recente dibattito sul nucleare, oppure i black out e le crisi del gas del 2003 e 2005). Temi che sono determinanti e pianificabili in quanto concentrati e con pochi operatori, rispetto all’edilizia che è un settore in cui i consumi ed i margini di efficientamento sono ampi ma il patrimonio è diffuso, gli operatori “innumerevoli”, ed è più difficile introdurre politiche incisive a breve-medio termine, dato che coinvolgono anche processi sociali e non solo decisionali. Il 45% del fabbisogno nazionale di energia in termini primari stiamo in 190 milioni di TEP è assorbito dalle attività che ruotano attorno alla costruzione, alla ristrutturazione ed alla gestione degli immobili (Libro Bianco Energia ENEA-FINCO, 2005). Date le caratteristiche costruttive il patrimonio immobiliare esistente, ha ampi margini di efficientamento energetico tant’è che le schede tecniche per l’ottenimento dei Titoli di Efficienza Energetica (TEE o Certificati Bianchi) prevedono più interventi relativi agli edifici, così come altre disposizioni a favore della riqualificazione energetica (Decreto 55%) e per l’introduzione di fonti rinnovabili (DM 19 febbraio 2007 “Contoenergia” e premio tariffe). I possibili meccanismi virtuosi possono interessare l’aumento del mercato delle ristrutturazioni non solo legate agli incentivi nazionali, ma ad aumento di valore dell’immobile o comunque ad un interesse da parte dell’acquirente a rivolgersi verso “prodotti” che comportano minori costi di gestione, in particolare per gli edifici ubicati in zone meno pregiate. A questi si possono aggiungere l’attività svolta dai soggetti certificatori, dalle imprese del settore edile e dei servizi energetici. I margini di efficientemento del patrimonio edilizio esistente ed il mercato immobiliare consentono ai proprietari, agli operatori del settore, ad i soggetti certificatori, alle imprese che intendono utilizzare la certificazione quale strumento di marketing per migliorare la prestazione energetica degli edifici e, quindi, il loro valore immobiliare, con possibili ricadute positive sul “Sistema Paese”. La certificazione delle nuove costruzioni, che devono rispettare l’indice EPi di legge, dovrebbe farle ricadere, per la maggior parte, nella Classe B3. La classificazione degli edifici di nuova costruzione ricopre tre possibili classi B, A ed, eventualmente, A+. La classificazione degli edifici esistenti ricopre una maggiore gamma di possibili Classi Energetica, dalla G alla C, e, grazie ad alcuni interventi sull’involucro (isolamento) sul rendimento degli impianti consente di saltare da una Classe peggiore ad una migliore. Questo è possibile se il mercato immobiliare (e del credito) si attiva ed utilizza la Certificazione Energetica quale leva per comportamenti virtuosi. Per far sì che ciò si attivi è, comunque, necessario un sistema di certificazione e classificazione riconosciuto (le Linee Guida nazionali), in particolare per le Regioni che non hanno emanato propri provvedimenti. Qualche “conto della serva” per dimostrare quanto possa incidere la comunicazione della prestazione energetica. Si ipotizzi che siano redatti 250.000 atti di compravendita di nuove costruzioni all’anno e 550.000 atti di compravendita per edifici esistenti. Gli edifici di nuova costruzione devono rispondere ai limiti di legge quindi devono avere valori dell’indice EPi inferiori, in media, agli 80 kWh/m2anno, mentre per gli edifici esistenti il valore dell’indice EPi varia da 120 a 280 kWh/m2anno, con un valore medio di 200 kWh/m2anno. Ipotizzando una superficie media delle unità abitative di 80 m2, la “quantità di energia” oggetto dalla certificazione energetica è pari a circa 800 ktep/anno (123 ktep/anno, per le nuove costruzioni, 677 ktep/anno per l’esistente, con 1 tep = 46,81 GJ). Se, grazie alla certificazione energetica, anche solo il 10 % degli edifici esistenti fosse interessato ad interventi dimiglioramento della classe energetica al fine di aumentarne il valore immobiliare, con un risparmio del 20% rispetto all’indice EPi esistente (ottenibile ad esempio con un isolamento a cappotto o sostituzione di caldaie a gasolio con caldaie a condensazione e contabilizzazione), il risparmio di energia consumata per il settore residenziale sarebbe di circa 13,5 ktep/anno, circa il 1,6 % all’anno. ConclusioniIn un recente intervento sulla stampa, Paolo Buzzetti (presidente ANCE) sottolineava che “(…) Altra condizione essenziale per creare un mercato consapevole e virtuoso è, infatti, la consapevolezza e la condivisione dell’utente che deve poter e sapere comprendere il valore delle migliori realizzazioni, con un unico quadro normativo e un’unica metodologia di confronto su scala nazionale”. Anche se la metodologia di confronto su scala nazionale non è stata possibile l’aspetto comunicativo è importante tanto quanto la condivisione delle regole. Il mercato consente di attivare comportamenti virtuosi, ma perché questi si attivino sono necessarie regole, obblighi e sanzioni in grado di orientare il mercato. Obbligare ad adottare una soluzione tecnologica porta gli operatori di settore ad adeguarsi oppure a trovare deroghe perché questo obbligo non sia rispettato; di contro favorire l’uso della stessa soluzione tecnologica al fine di guadagnarci in termini marketing o valore, anche immobiliare. La casa ecologica, Classe A, sostenibile o la Casa passiva si ottiene grazie a soluzioni progettuali e tecnologiche da tempo presenti sul mercato e consolidate, così come anni di Best Practices e regolamenti virtuosi (Casaclima, ITACA, Ecolabel, EMAS, ecc.). Altri meccanismi di mercato virtuosi, i certificati verdi ed i certificati bianchi, hanno consentito, introducendo un obbligo per i produttori e/o distributori di energetica, di raggiungere importanti risultati in termini di risparmio efficienza e produzione da fonti rinnovabili, senza dover agire su strumenti fiscali ed incentivi. Nel mercato energetico liberalizzato l’informazione sulla prestazione energetica del proprio edificio è condizione di partenza anche per chi non è esperto (proprietario, acquirente). La semplificazione introdotta determina una situazione maggiormente complessa e a rischio di caos normativo: tra Stato e Regioni, tra professioni tecniche e notai, tra venditore ed acquirente, il che non aiuta la diffusione e comunicazione dell’efficienza energetica degli edifici, verso utenti meno esperti o esterni al settore o perché ignorano le caratteristiche del proprio edificio e le possibilità di risparmio.A cura di Kristian Fabbri Architetto, svolge la libera professione prevalentemente nell’ambito della progettazione sostenibile. Professore a contratto per il Corso di Fisica Tecnica pesso la Facoltà di Architettura sede di Cesena, Università di Bologna e Tutor per il corso dell’Area di Fisica Tecnica Ambientale.
12 novembre 2008

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