Eventi sismici e Costruzioni edilizie


Le vittime e i danni provocati da un terremoto potrebbero essere drasticamente ridotti, e si potrebbe restare tranquilli nelle proprie case durante il passaggio anche di un violento terremoto, se si applicassero capillarmente sui nuovi e sui vecchi edifici le regole dell'ingegneria antisismica che dispone di una tecnologia ormai estremamente collaudata, perfezionata e affidabile.
È ovvio che questa affermazione vale per i Paesi economicamente sviluppati e cioè per quei Paesi che si possono permettere l'aumento dei costi, d'altra parte non eccezionale se paragonato ai vantaggi, che l'applicazione di questa tecnologia comporta. Infatti più il Paese è povero, e quindi meno regole antisismiche ha potuto imporre, più elevato è numero delle vittime. Si può dire, alla luce del confronto fra terremoti avvenuti in diverse parti del mondo, che in presenza di sismi di pari energia la quantità di vittime e di danni dipende dalle condizioni economiche dei vari Paesi colpiti.

Tre terremoti, tutti di magnitudo 6, sostengono in particolare questa osservazione; quello del 1994 che colpì Los Angeles provocò pochissime vittime, quello dell'Irpinia, qui in Italia, che, nel 1980, costò 2630 morti e quello del 1998 che in Armenia arrivò a 30 mila vittime.

A Los Angeles gli edifici, anche altissimi, ma costruiti secondo le rigide norme antisismiche imposte dalle autorità, resistettero quasi tutti. In Armenia le case, costruite spesso con mattoni crudi o con ciottoli di fiume tenuti insieme da malte e da fango secco, crollarono quasi tutte.

È una lezione che insegna quanto si possa fare per prevenire i danni e le vittime di questo fenomeno naturale con il quale si potrebbe forse arrivare a convivere più che con qualunque altro violento fenomeno della natura.

La tecnica antisismica impone negli edifici più antichi cordoli di collegamento in cemento armato, tiranti da parete a parete, reti metalliche, collegate fra loro, applicate alle pareti esterne e interne ecc. e negli edifici nuovi cemento armato ben legato, fondazioni profonde, assenza di balconi e cornicioni che potrebbero cadere sui passanti ecc.

Ma allora come mai si vedono in televisione, dopo ogni terremoto, edifici in cemento armato letteralmente appiattiti su sé stessi e squadre di soccorritori che con i martelli pneumatici tentano di salvare i sepolti scavando fra enormi travi di calcestruzzo spezzate? Un fallimento nell'applicazione delle regole di ingegneria antisismica così vivamente consigliate o imposte? Certamente no.
A un qualsiasi ingegnere che esamini da vicino quelle rovine in cemento armato appaiono subito chiare le truffe dei costruttori nella fornitura del materiale edilizio utilizzato e nella esecuzione dei lavori. È inutile progettare correttamente un edificio antisismico quando poi , a terremoto avvenuto, i resti di quell'edificio mostrano discontinuità fra i pilastri verticali e i cordoli di collegamento orizzontali, calcestruzzo scadente, giunti vuoti o mal legati, ancoraggi inesistenti.

In questi casi le vittime non sono più dovute al terremoto, ma alla negligenza criminale dei costruttori e degli eventuali controllori.

Ma è evidente che è impossibile, e anche inutile, applicare le stesse norme antisismiche a tutti gli edifici dello stesso paese, proprio perché, anche se è situato nelle zone sismiche che coincidono con le aree di scontro delle grandi zolle della crosta terreste (vedi Capitolo 2 - "La tettonica delle placche"), vi esistono aree più o meno storicamente sismiche per le quali vanno previsti interventi differenziati.

Ecco perché, per esempio in Italia, è consultabile la Carta della Pericolosità Sismica , redatta dal Gruppo Nazionale per la Difesa dei Terremoti del CNR (GNDT) sulla quale sono segnate le aree a rischio decrescente riunite in zone di prima, seconda e terza categoria.
Inoltre è in corso una accurata ricerca per suddividere le zone in zone ancora più piccole eseguendo una vera e propria microzonazione (fig. 5) con l'intento di stabilire le misure di sicurezza più adatte da applicare agli edifici da costruire, o a quelli di vecchia data, secondo, per esempio, i diversi tipi di terreno interessati.

Le onde sismiche si propagano, infatti, diversamente a seconda dei terreni attraversati. L'obiettivo della microzonazione è la mappa particolareggiata dei territorio, addirittura la suddivisione in aree comprendenti poche case. Inoltre il grande sviluppo delle simulazioni al computer può addirittura suggerire quale sia l'altezza adatta di un singolo edificio in una singola microzona.

L'Ufficio Geologico dell'Amministrazione della Regione Emilia-Romagna, per esempio, sta procedendo alla microzonazione anche dei paesi di pianura, che, costruiti su terreni sedimentari poggianti a loro volta su rilievi e ondulazioni rocciose più o meno profonde, possono essere colpiti da terremoti quanto quelli delle zone collinari o montane. Questo ente utilizza la Banca Dati Geognostici della Regione, i profili sismici a riflessione usati per la ricerca petrolifera dall'AGIP e i pozzi praticati appositamente o per la stima delle risorse idriche.
È una microzonazione fondamentale per frenare lo spreco di denaro inevitabile nell'applicazione di regole sismiche generalizzate che si inserisce perfettamente nella più estesa azione di contenimento degli elevatissimi danni economici causati al nostro Paese dai terremoti da attuare con una più attenta prevenzione.

Un confronto ci sembra, a questo punto, quanto mai opportuno. Nel 1985, in una valutazione del Gruppo Nazionale Difesa Terremoti, il finanziamento a carico dello Stato (relativo alla prevenzione dei danni da terremoto nella sola prima zona a rischio) che sarebbe stato totale per la messa in sicurezza di scuole, ospedali e altri edifici pubblici, al 50% per gli alberghi e le strutture pubbliche, al 30% per le abitazioni private, venne previsto in 1800 miliardi all'anno per un quinquennio.

D'altra parte è stato calcolato che per riparare i danni del terremoto di Tuscania (1971), Ancona (1972/74), Irpinia (1980), Umbria e Marche (1998) lo Stato ha speso, e sta ancora spendendo, dai 4 ai 5 mila miliardi all'anno, più dei doppio del denaro necessario alla prevenzione di quegli stessi danni.
per maggiori approfondimenti e immagini dettagliate: regioneemiliaromagna.it

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