Renzo Piano - Atene, L'Opera House e la biblioteca statale sarà a emissioni zero, non avrà bisogno di energia, la troverà grazie alle fonti naturali.


«Oggi farò l'elogio del silenzio», dice Renzo Piano, mentre mi accoglie nel suo studio-eremo inerpicato sulle colline di Vesima, appena usciti da Genova, a Ponente. Per arrivare quassù si prende un elegante ascensore-funicolare di vetro che si arrampica sul precipizio e ti porta in questo studio tutto legno e vetrate, la cui sagoma segue le "fasce" del monte, sette o otto terrazze circondate dagli ulivi ciascuna delle quali sembra la tolda di una nave che si affaccia sul mare.
L'elogio del silenzio? Eravamo venuti per parlare dei nuovi progetti dell'architetto, il parlamento e il Teatro dell'Opera di Malta-La Valletta, la nuova biblioteca di Atene, i progetti in corso a Genova... Poi ne parliamo, dice l'architetto con un gesto, indicando che ora ha cose più cogenti da dire per andare al di là della cronaca, e immergersi nel profondo della sua ispirazione: «Io sono genovese, e la mia genovesità, che per tutta la vita ho manifestato con il mio carattere rustico, si è espressa soprattutto con il silenzio. In un'epoca in cui si fa l'elogio della chiacchiera, sento il bisogno di esprimere questo carattere che mi appartiene. Noi genovesi siamo accusati di essere tirchi, ma non è vero, siamo parsimoniosi. Di essere chiusi, ma è falso anche questo, siamo silenziosi. E questo luogo, che esiste da vent'anni, è il luogo del silenzio».

Piano racconta che la torre che sta costruendo a Londra, una torre altissima, trecento metri sul London Bridge, avrà sulla sommità una piccola stanza per la contemplazione che ospiterà la sede di un'associazione multireligiosa: «Anche quello sarà un luogo di silenzio, inserito in un edificio che rappresenta un modo nuovo di concepire la città, con soli 40 posti auto», spiega Piano, e vuole dire che l'architettura deve scoraggiare il trasporto privato.
«L'architettura è l'arte di costruire posti adatti al genere umano», dice: «Oggi va di moda una sorta di priapismo architettonico, più la fai grossa meglio è, e i giovani architetti si lasciano prendere da un'ansia da prestazione che è il contrario del silenzio, e anche del buon senso. In questa bottega cerchiamo di insegnare l'arte del silenzio a una dozzina di ragazzi che vengono qui a imparare da tutto il mondo».

La "bottega" è un laboratorio che sembra abbarbicato alla collina, dove lavorano sessanta persone che quasi non si vedono - sparse qua e là negli stanzoni che degradano verso il mare - e arrivano dai cinque continenti, in particolare dall'università di Harvard, con cui Piano ha stretto un intenso piano di collaborazione: «Quando io non ci sarò più, questo luogo sarà un pezzo di Harvard in Italia» ci racconta. Sono gli architetti migliori a venire qui da quelle università e spesso sono arroganti, sanno di essere bravi e si avvicinano alla professione senza umiltà: «Io li bastono, cerco di dar loro una lezione di silenzio e di umiltà. Devono imparare ad ascoltare».
Girando per questo studio appeso alla collina, entrando in una falegnameria che sembra la bottega di Michelangelo, si vedono spuntare modelli di pale eoliche affusolate e, appesi al muro, i disegni di impianti eolici di nuova concezione. Ma di questo oggi l'architetto non vuole parlare. Ci conferma il suo impegno etico nell'affrontare progetti dal risvolto ambientale e sottolinea di non credere nel gigantismo dei progetti eolici oggi in voga, con impianti alti 80 metri che pesano cento tonnellate: «Credo nella dimensione minuta, penso che le pale eoliche debbano muoversi come ali di libellula, dare un'idea di leggerezza e trasparenza». Ma degli impianti eolici che sta progettando non dice nulla, anche se in città gira voce che il minieolico di Piano sarà costituito da impianti alti 12 metri e che la prima installazione sarà sulla diga foranea genovese, centinaia di pale a creare una barriera leggera tra mare e porto. «Mi incuriosiscono questi piccoli progetti dove l'architetto diventa inventore e umanista, scienziato pazzo e sociologo», scherza.

E il Parlamento alla Valletta? Sarà costruito nel vuoto creato dalle bombe oltre sessant'anni fa, nel 1942: sarà un piccolo edificio da tremila metri quadrati, abbastanza per i cinquanta parlamentari di Malta, costruito usando la pietra dell'isola. Più in là, all'ingresso del porto, verrà abbattuta una "porta troppo magniloquente" costruita alcuni decenni fa per riempire il varco lasciato dalle bombe nelle mura storiche. «La decisione della città è di sbarazzarsi di quell'orrore e accettare che nelle mura del Cinquecento sia creato un varco attrezzato. Più che aggiungere, togliamo. Ricreiamo un accesso alla città non monumentale e presuntuoso ma leggero ed etereo». E proprio lì metterà mano al Teatro dell'Opera, anch'esso distrutto dai bombardamenti: «Abbiamo deciso di conservare quelle rovine e di costruirci dentro un teatro per la danza, il teatro, l'opera. Senza ricostruire l'edificio, ma accettando la memoria delle rovine causate dalla guerra. Sarà uno spazio pubblico a cielo aperto con una struttura leggera che realizza le condizioni acustiche e visive di queste funzioni». Continua su Repubblica.it

Commenti

Anonimo ha detto…
grande piano