Dpr n. 59 - Rendimento energetico, nuove regole, condizionamento estivo


Case appena costruite o completamente ristrutturate con criteri di risparmio energetico nuovi di zecca, che guardano non solo al minor consumo di carburante degli impianti durante l’inverno, ma anche al condizionamento estivo e al consumo di acqua calda sanitaria. Divieto di trasformazione degli impianti centralizzati in termoautonomi. Sono solo alcune delle novità contenute nel Dpr 2 aprile 2009, n. 59 (entrato in vigore il 25 giugno).
Ma andiamo con ordine, vedendo alcuni dei punti più rilevanti contenuti nella norma.
Condizionamento estivo. Nuove costruzioni, ampliamenti oltre il 20% dei volumi, ristrutturazioni di edifici oltre i 1.000 mq prevedono un calcolo delle necessità di condizionamento, tenendo conto di una temperatura media estiva contenuta in una norma tecnica Uni. In ogni caso negli edifici residenziali il consumo annuo di energia (quasi sempre si tratterà di elettricità), non deve superare i 40 kWh al metro quadro nei comuni più calde della Penisola (zone energetiche A e B) e i 30 kWh nelle altre.
Porte, finestre, muri, tetti. Non solo per le nuove costruzioni, ma anche nelle ristrutturazioni, manutenzioni straordinarie dell’involucro edilizio e ampliamenti di volume sotto il 20%, vanno rispettati certi valori di “trasmittanza termica” sia dei muri che di porte e finestre che dipendono sempre dalle zone energetiche del comune (vedi glossario). Il decreto pone come esempi il rifacimento di pareti esterne, di intonaci esterni, del tetto, del lastrico solare o delle loro 'impermeabilizzazioni. Nel calcolo dei valori, va tenuto conto dei “ponti termici”, cioè delle zone deboli in cui il freddo passa più facilmente (per esempio in corrispondenza ai pilastri che reggono l’edificio, o alle pareti assottigliate sotto le finestre, per contenere i caloriferi, o sopra, per i cassonetti delle tapparelle).

Sostituzione di caldaie o ristrutturazione di impianti. I nuovi apparecchi debbono avere certi rendimenti. Se la nuova caldaia ha più di 100 kW di potenza (grossomodo li raggiunge una centralizzata che serva da 5 appartamenti in su), occorre che un tecnico faccia anche una “diagnosi energetica”, cioè suggerisca con un calcolo costi-benefici delle opere edili o impiantistiche che permettano minori consumi, legato ai tempi in cui ci si ripaga l’investimento e si comincia a risparmiare sulle bollette. Occorre installare centraline o valvole termostatiche sui caloriferi che permettano la regolazione del calore locale per locale, su almeno due diversi livelli. Tali dispositivi, se l’impianto è centralizzato, debbono funzionare automaticamente, attraverso sensori e cronotermostati, cioè apparecchi che abbassino la temperatura di notte e la alzino di giorno.
La regolazione per zona della casa ha una sua logica: per esempio è meglio riscaldare di più il soggiorno, rispetto alle stanze d letto e ai bagni.
Limiti al termoautonomo. Nonostante il diffuso amore degli italiani per l’impianto individuale di riscaldamento, sono anni che non solo in Italia ma anche in tutta Europa si sta caldeggiando l’impianto centralizzato dotato di dispositivi di regolazione e di contatori di calore che permettono il calcolo dei consumi alloggio per alloggio (si parla di “impianto con contabilizzazione del calore”). Sono assicurati i vantaggi del termoautonomo e si evitano i suoi difetti (maggior consumo e inquinamento di tante caldaie rispetto a una sola, controlli più facili sulla sicurezza, affidati a ditte esterne). Il decreto non impone il contabilizzato, ma vieta la trasformazione di un centralizzato in tanti impianti termoautonomi. Fanno solo eccezione i casi, davvero molto rari, di impossibilità tecniche di installazione del centralizzato-contabilizzato.
Stufe a legna. Il “ritorno di fiamma” alle stufe a legna o a pellets va avvantaggiato, ma esse sono da agevolare o considerate comunque come fonti rinnovabili (con i vantaggi che ne derivano), solo se si tratta di apparecchi molto efficienti, alimentati con combustibili ammessi dalle norme tecniche e che scarichino fumi poco inquinanti. Insomma la vecchia stufa di ghisa o la cucina economica della nonna non vanno bene. Non è finita: sempre nei casi di opere importanti (dalla ristrutturazione dell’involucro edilizio alle nuove costruzione e agli ampliamenti) occorrerà prima di installarle assicurare una certa trasmittanza termica di pareti, finestre, soffitti e pavimenti.
Ventilazione e protezione dal sole. Tranne che nelle zone davvero fredde della Penisola (zone F), occorre assicurare nelle opere di ristrutturazione di tetti e pareti esterne anche una corretta ventilazione meccanica della casa e la protezione dei vetri dal surriscaldamento estivo. Quest’ultima è raggiungibile (stiamo semplificando un po’) attraverso tre sistemi diversi. Il primo è avere vetri con “ fattore solare” minore o uguale a 0,5. Il che significa che tali vetri debbono essere “trattati” in modo tale da ridurre per lo meno a metà l’apporto calorico dell’energia solare sulla loro superficie. Il secondo sistema (che è privilegiato per le nuove costruzioni) sta nell’apporre delle “schermature solari”, in genere all’esterno delle finestre. Si tratta di dispositivi mobili, che si estendono o si chiudono “a pacchetto” o a avvolgimento, autonomi dalla vetrata, e in genere costituiti da lame di alluminio, di legno o in tessuto per esterno (non c’entrano con le comuni veneziane, con le tapparelle o le imposte, che sono sistemi di oscuramento). Forse i più diffusi nell’immaginario collettivo sono le tende che sovrastano a pensilina le vetrine dei negozi e vengono in genere chiuse durante la notte. Il terzo sistema (ammesso per le ristrutturazioni) sono le pellicole adesive all’interno o all’esterno dei vetri. Le più conosciute sono quelle “a specchio” comuni in certi edifici ad uffici, ma ne esistono anche di più evolute (e costose) che filtrano soprattutto l’infrarosso permettendo meglio il passaggio della luce visibile e attenuando l’effetto specchio, giudicato da alcuni esteticamente poco piacevole.
Acqua calda. Nelle nuove costruzioni o in caso di sostituzione integrale di impianti, il 50% della produzione di acqua calda deve essere assicurato da fonti rinnovabili (in genere si tratterà di pannelli solari termici, ma ci sono altre soluzioni). Il limite é ridotto al 20 per cento per gli edifici nei centri storici.
Teleriscaldamento. Se una rete di teleriscaldamento (vedi glossario) passa a meno di un chilometro di distanza o anche se è stata progettata, occorre in caso di pere di ristrutturazione di un certo peso, predisporre l’impianto al collegamento in rete.
Fonte: CONFAPPI.it

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