Il marmo e l' architettura


Le tradizioni del settore lapideo risalgono all'antichità, avendo poi acquisito valori espressivi di carattere universale
Carlo Montani - IL GIORNALE DEL MARMO

Le tradizioni del marmo si perdono nella notte dei tempi, cosa che ripresenta, assieme alla diffusione in tutto il mondo, la sua straordinaria universalità, da riferire anche alla costanza, o meglio alla continuità, con cui è stato utilizzato a scopo celebrativo, ancora prima che nelle costruzioni residenziali e nell'edilizia di rappresentanza. Del resto, non è forse vero che già nel secondo libro della Bibbia è data notizia della costruzione di un altare con le colonne di onice? Evidentemente, fin d'allora il marmo aveva acquisito un significato simbolico che poi ha confermato, che afferma la sua specifica peculiarità espressiva.

Oltre a questi valori, la pietra fu materiale da costruzione sin dall'antichità. La prima città di cui si conserva memoria storica, Gerico, fu edificata facendone un ampio uso strutturale, che ha preceduto quello decorativo. Poi, ebbe ampio spazio nell'architettura religiosa e in quella militare: in Brasile, ben prima che un telaio iniziasse a tagliare i blocchi, gli impieghi originari del granito furono destinati alle fortezze. Il marmo è cultura, ancor prima di essere un prodotto industriale. Ciò si deve al suo impiego nell'arte plastica, non meno che nell'architettura: anche in questo caso, con tradizioni che risalgono alle civiltà più antiche, come quelle egiziana e greca, da cui sono stati tramandati autentici e sorprendenti capolavori. La pantera in diorite nera che fa bella mostra di sé al Louvre e che risale al terzo millennio avanti Cristo, è un esempio particolarmente affascinante di quali livelli di perfezione si potessero raggiungere con i mezzi dell'epoca, oltre a tutto lavorando un materiale di straordinaria durezza.

Oggi, l'uso della pietra è diventato ancora più esteso e, per usare un paradosso, ancora più universale, nel senso che ha perduto i caratteri elitari che aveva conservato fino alla metà del secolo scorso, senza rinunciare alle altre prerogative che, anzi, sono state esaltate da uno straordinario progresso tecnico. Basti pensare che, secondo valutazioni compiute recentemente dal Dipartimento di Scienze della terra dell'Università senese, i consumi di marmi e pietre che si sono avuti negli ultimi 60 anni hanno già superato tutti i precedenti. La cultura del marmo ha trainato il consumo, e non viceversa, intendendo anche quella del travertino, del granito, dell'ardesia e di tante altre pietre.

È una cultura legata al fatto estetico e a un concetto universale di bellezza, ma non meno vincolata al fattore tecnologico, perché senza gli indici di resistenza e durata che può vantare, il prodotto lapideo di natura non avrebbe potuto ascrivere un successo senza soluzioni di continuità, laddove altri materiali hanno avuto glorie importanti ma effimere. Per terminare con un noto aforisma, si può ben dire che se il marmo non fosse esistito, si sarebbe dovuto inventarlo. Per fortuna esiste, e in misura talmente rilevante che, nonostante la progressione degli impieghi, gran parte dei giacimenti sono stati appena “assaggiati”, mentre in diversi paesi trainanti, le valutazioni delle riserve accertate, da coltivare e valorizzare, hanno permesso di definirne la durata in tempi biblici, talvolta secolari ed in qualche caso millenari.
fonte: ilsole24ore.com

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