Cinquant'anni di architettura italiana mostra dedicata allo studio Valle (1957-2007)

Cinquant'anni di architettura italiana in tour nell'Estremo Oriente. La mostra dedicata al mezzo secolo dello studio Valle (1957-2007) sarà a Seul, Shanghai e Pechino da ottobre a febbraio. Curata da Cesare, Gianluca e Gianluigi Valle e organizzata dal ministero per i Beni e le Attività culturali, dalla Darc, dalla Soprintendenza per i Beni architettonici e per il Paesaggio per il Comune di Roma e dalla Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio, la mostra è un'evoluzione di quella inauguratasi il 5 dicembre del 2007 nei suggestivi spazi dell'ex carcere minorile nel complesso monumentale del San Michele a Roma. Un percorso dal «minimo intervento» all'alta tecnologia, dall'estetica della massa dei primi progetti filtranti la «tradizione» alla sperimentazione di un'estetica della struttura in cui l'oggetto architettonico veniva progressivamente scarnificato delle proprie componenti ornamentali.

La selezione di alcuni dei numerosi progetti è stata oggetto di una valutazione accurata, ponderata non tanto sui riconoscimenti acquisiti dal singolo intervento o proposta, quanto piuttosto sull'apporto qualitativo ed evolutivo alle tematiche sperimentali sviluppate nel corso dei cinquanta anni di attività dello Studio.
La mostra in tournée in Estremo Oriente include, per la prima volta, il progetto presentato al concorso per il Padiglione Italiano per l'Esposizione Universale di Shanghai 2010, fondamentale alla comprensione della continuità di un discorso progettuale avviato, negli anni Settanta, dal Padiglione italiano «Expo 70» di Osaka. Osaka e Shanghai rappresentano, infatti, i due «antipodi» cronologici di una costante ricerca linguistica che dalle embrionali «megastrutture» del precedente giapponese condurrà, attraverso l'imprescindibile complessità strutturale delle sinusoidi del Terminal di Yokohama, alla scomposizione e ricomposizione delle «articolazioni complesse» dell'esempio cinese, divincolando la struttura da un ruolo esclusivamente statico e soggiogandola a principi estetico-figurativi.
Come afferma Franco Purini «l'importanza del lavoro di Tommaso Valle non è tanto nel suo approfondire gli aspetti tecnologici dell'architettura, quanto nell'aver cercato di spostare il concetto stesso di tecnologia. In effetti, in modo analogo a quanto avviene nell'opera di Renzo Piano, la tecnologia stessa non è considerata, come invece è dato constatare nel lavoro di Norman Foster o di Richard Rogers, un ambito specialistico, a volte così complesso da sfiorare un'ambigua ermeticità e da produrre un nuovo decorativismo. Nel lavoro di Tommaso Valle la tecnologia viene depurata dai contenuti più superficiali e dimostrativi e ricondotta a una misura architettonica, a un'armonia proporzionale, a una efficace semplicità degli apparati costruttivi. Tutto ciò per ottenere un'essenzialità espressiva del tutto inerente alla dimensione architettonica della forma...». La tecnologia appare, quindi, un «orizzonte estetico e sperimentale. E sotto questo punto di vista la scelta si pone in forte coerenza con una condizione tipicamente italiana: non l'atto tecnologico come espressione di un modernismo onnipotente ma piuttosto la tecnologia come ricerca di leggerezza, trasparenza, come annullamento della massa, dei suoi costi e sovrastrutture, come sperimentazione e insieme emozione, stupore capace di generare nel visitatore comune. Sono principi umanistici che autori come Nervi, Musmeci, Morandi hanno cercato di traghettare nella contemporaneità senza mediazioni linguistiche». Continua su ilgiornale.it

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