Sardegna il piano paesaggistico


Umberto Mazzantini
In Sardegna il centrodestra ha vinto le ultime elezioni regionali impostando la campagna elettorale contro i vincoli del piano paesaggistico regionale (Ppr) che tutela le coste sarde e approvato nel 2006 dal precedente governo di centro sinistra di Renato Soru, ma la magistratura amministrativa continua ad emettere sentenze che confermano la validità giuridica e tecnica delle disposizioni del Ppr rigettando uno dopo i ricorsi presentati. Dopo la sentenza 979/2009 del Tar della Sardegna che ha respinto un ricorso del comune di Arzachena, è arrivata la sentenza 5459/2009 del Consiglio di Stato che ha definitivamente rigettato il ricorso del comune di Villasimius riguardante una vicenda ultratrentennale di un piano di lottizzazione sulla costa, in località Cala Giunco (Nella foto), un progetto modificato più volte e che da una lottizzazione residenziale è diventata lottizzazione turistico-alberghiera.

A questi ricorsi potrebbero aggiungersi anche quelli fatti dal comune di Cagliari e da molti altri comuni della costa contro il Ppr di Soru. Secondo quanto scrive sul sito di Sardegna Democratica Paolo Urbani, ordinario di diritto amministrativo. Alle università di Chieti-Pescara e Roma Tre-Luiss, sarebbero almeno 150 i ricorsi al giudice amministrativo, e 100 quelli straordinari al Presidente della Repubblica». Comunque, la sentenza del Consiglio di Stato non lascia scampo alle interpretazioni: «Vanno infine disattese per manifesta infondatezza le censure di illegittimità costituzionale della l.r. n. 8/2004 sotto il profilo che il dimezzamento delle volumetrie assentibili nelle zone F, anche per le lottizzazioni in corso, violerebbe gli art. 3, 9, 41, 42, 97 e 118 Cost. Infatti la previsione regionale, di particolare rigore, trova piena giustificazione nell'esigenza di salvaguardare un paesaggio di incomparabile bellezza, che ha già subito attentati a causa della propensione italica ad una edificazione indiscriminata. Nella valutazione comparativa di contrapposti interessi, quello generale alla salvaguardia del paesaggio, anche a tutela delle generazioni future, e quello individuale e imprenditoriale allo sviluppo degli insediamenti turistici, trova piena legittimità costituzionale la previsione regionale, estesa anche alle lottizzazioni in corso».

Per Urbani in Sardegna si è di fronte a due paradossi: «Il primo, che nonostante la dichiarata avversità, la nuova amministrazione regionale è costretta a difendere attraverso i suoi legali le scelte del piano Soru, che vorrebbe, se potesse, cancellare con un colpo di spugna. Il secondo, che nel gioco degli interessi "antagonisti" alla tutela dell'ambiente una buona percentuale di ricorsi sono stati presentati dai comuni che dovrebbero avere più di altri a cuore la tutela del territorio e non solo dai privati lesi nei loro interessi proprietari».

Grazie alle sentenze per ora resiste il lavoro fatto dalla giunta Soru per integrare conoscenza dei luoghi, elementi cartografici e norme giuridiche di disciplina dei beni paesaggistici da tutelare, un Piano non gradito anche ad un pezzo di centrosinistra che portò per questo alla crisi della regione ed a nuove elezioni.

Ma intanto continua l'attacco degli enti locali che, in nome di una asserita sussidiarietà, rivendicano piena autonomia di scelta per quel che riguarda il proprio territorio «dimenticando - dice Urbani - che non esistono solo gli interessi locali ma anche e soprattutto quelli regionali e nazionali da salvaguardare in nome della protezione del paesaggio sardo che resta ancora, tra i pochi, espressione dell'identità ambientale insulare da tramandare alle generazioni future. Che poi gli interessi "locali" siano, in realtà, rappresentati da interessi economici provenienti dal "continente" ovvero dalle numerose imprese edilizie nazionali che vedono nelle terre costiere sarde occasione di speculazione cui le amministrazioni locali prestano ascolto, barattando il futuro dei sardi con il consumo quotidiano del territorio, è cosa fin troppo nota per essere ancora una volta denunciata. La miopia di alcune amministrazioni locali, attraversate ormai dai "flussi" degli interessi che nulla hanno a che fare con la Sardegna, mostra ancora una volta come la tutela del paesaggio non possa che essere materia statale cui la Regione dà attuazione attraverso le regole del Codice del paesaggio del 2004. La tutela dell'ambiente è in contrasto, si sa, con la cultura del consenso ed è per questo che non può essere invocata la sussidiarietà poiché essa cela l'egoismo territoriale e non la solidarietà nazionale».

Se non possono modificare le norme paesaggistiche da un giorno all'altro, la giunta sarda di centrodestra sta provando a scardinare la situazione urbanistica con il piano casa. «E dove pensa il governo Cappellacci di localizzare questi incrementi di volumetria? - si chiede Urbani - Essenzialmente sulle coste sarde oggetto di vincoli paesaggistici, riavviando anche alcuni progetti di lottizzazioni che il piano paesaggistico aveva provvidenzialmente dichiarato decaduti. Legge che se approvata con questi contenuti è sospetta di palese incostituzionalità. La battaglia quindi continua».

Esulta, e si toglie qualche sassolino dalle scarpe, anche Gian Valerio Sanna, l'ex assessore all'urbanistica della giunta Soru, che parla di «Trionfo definitivo del Ppr sulle smanie immobiliaristiche. Lo stuolo di detrattori e politici che si sono cimentati in questo tempo, compreso l'ormai patetico presidente del Consiglio dei ministri, nel ricercare una sola prova dell'illegittimità e della inadeguatezza del Piano sono rimasti "in braghe di tela" anche se la protervia di una politica arrogante e populista non consentirà loro di far propria una buona ragione per stare definitivamente zitti».

Ma anche Sanna vede il rischio politico: «Nonostante questa sequenza di legittimazioni e conferme, l'attuale giunta regionale persevera nell'accanirsi contro, seguendo il suo unico filo conduttore populistico e demagogico, giustificando persino con il cosiddetto Piano Casa la necessità di smantellare l'ingombrante Piano Paesaggistico. Ma qui viene il bello. La recente sentenza del Consiglio di Stato infatti, senza volerlo ed indirettamente, anticipa il giudizio di illegittimità costituzionale del Piano casa presentato da Cappellacci affermando in maniera chiara ed incontrovertibile che la deroga a norme di salvaguardia derivanti dall'applicazione del Codice dei beni Culturali non è ammessa e dunque questo prodotto di "pubblicità istituzionale" della giunta è illegittimo».

La Sardegna è l'unica regione dotata di un Piano approvato ai sensi del decreto legislativo 42/2004 e quindi sul suo territorio si applicano le norme di salvaguardia contenute in quel decreto «Con la conseguenza - asserisce Sanna - che una legge regionale, di rango inferiore a quella statale, non può derogare ai limiti ed alle previsioni contenute nel Piano Paesaggistico nel senso che il "legislatore statale conserva il potere di vincolare la potestà legislativa primaria della regione speciale attraverso l'emanazione di leggi qualificabili come riforme economico-sociali". Ecco perché il Partito democratico ha voluto contrapporre una sua proposta di Piano Casa, esclusivamente per dimostrare: 1) che quello della Giunta regionale non parla di case ma di tutt'altro; 2) che qualunque provvedimento riguardi il governo del territorio in Sardegna deve fare i conti con la coerenza alle norme sovra ordinate; 3) che per fare politiche di rilancio della casa bisogna parlare di residenza, di prima casa e di risorse pubbliche vere e mirate ad assicurare un accesso più consistente al bene primario dell'abitazione. Sappiamo che i figli politici "dell'utilizzatore finale nazionale" andranno avanti a testa bassa e per la loro strada, tuttavia ci incontreranno in Consiglio regionale e faremo fino in fondo la nostra parte per far vincere le ragioni del diritto e del buon senso e poi, se questo non sarà sufficiente, avvertiamo fin d'ora, siamo pronti a cimentarci, per un ennesimo scontro, nei tribunali della Repubblica ovviamente per vincere ancora una volta. Sarà l'ulteriore prova che una politica che non ascolta "inciampa"».
Fonte: greenreport.it

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