«La Torre Velasca? Era il Castello Sforzesco del secondo Novecento. Negli anni Cinquanta gli architetti sapevano ancora progettare e pensare in grande, convinti che una città non vive del proprio passato, ma lo interpreta e lo rilancia nel proprio futuro». Così l’architetto Marco Albini, titolare della cattedra di Scienze del Territorio della Facoltà di Architettura di Milano, un nome che nel suo campo è una dinastia, ricorda l’ideazione e la costruzione della Torre Velasca, l’edificio modernista di Ernesto Nathan Rogers (Trieste 16 marzo 1909-Gardone Riviera, 7 novembre 1969), progettista e accademico italiano. Padre inglese e madre di religione ebraica, Rogers si laureò al Politecnico di Milano nel 1932 e nello stesso anno fondò con i compagni di studi Ludovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti e Gian Luigi Banfi lo studio di architettura BBPR. Nel 1938 le leggi razziali spezzarono un sodalizio esemplare per la cultura europea e costrinsero Rogers a rifugiarsi in Svizzera; durante la Repubblica sociale, a causa del loro impegno antifascista, Banfi e Belgiojoso furono deportati nel campo di concentramento di Mauthausen-Gusen, dove Banfi perse la vita. Quanto a Peressutti, era emigrato in America Latina, dove morì alla fine degli anni Cinquanta. Nel 1945 Rogers tornò in Italia, mantenendo un ruolo attivo all’interno dello studio BBPR ricostituitosi subito dopo la guerra mantenendo il medesimo nome, e si confermò una delle principali personalità teoriche e critiche della scena architettonica milanese e poi internazionale. Insegnante del Politecnico, anti-accademico, nonostante il suo incessante e severo lavoro di insegnamento, divenne professore di ruolo solo nel 1964.
Continua su ilgiornale.it
Continua su ilgiornale.it
Commenti