È stato reso pubblico mercoledì in tutto il mondo, ed è una filiale supplica rivolta al Vicario di Cristo. Redatto in più lingue, sottoscrivibile da chiunque al sito www.appelloalpapa.blogspot.com, s’intitola papale papale «Appello a Sua Santità Papa Benedetto XVI per il ritorno a un’Arte sacra autenticamente cattolica» (come anticipato domenica da Libero).
Chiaro come il sole, ma al contempo inquietante. Vi si chiede infatti che l’arte sacra cattolica torni a essere semplicemente tre cose: arte, sacra e cattolica. Insomma, se stessa. Già, perché a quanto pare la maggior parte di ciò che oggi viene spacciato per tale non lo è affatto. Paradosso? Mica poi tanto. Basta guardarsi attorno. Hangar al posto di chiese, caos di materia che Platone avrebbe sprezzantemente detto chora invece di statue dalle figure riconoscibili, crocifissi che sembrano tralicci, e via discorrendo. Non bisogna essere un sottile critico d’arte né un raffinato intenditore per rendersi conto del brutto che ci circonda. Che ciò riguardi poi anzitutto e soprattutto l’arte sacra, in specie quella cattolica, è davvero troppo.
L’arte, infatti, è da sempre l’espressione massima della spiritualità, quale che essa sia, e della cultura umana. Parla del rapporto con il Trascendente, raffigura l’intersezione cruciale, come direbbe T.S. Eliot, fra l’infinito e il finito.
Quella cattolica, poi, è stata nel corso della storia la rappresentazione visibile, fin tangibile, dell’Incarnazione del credo in una civiltà fatta d’istituti, d’istituzioni, persino di politiche. Catechismo dei poveri e lectio per i dotti, l’arte sacra è la meditazione costante dell’uomo sulla imprescindibile carnalità della fede, la reificazione liturgica del bello, la lettura sacrale del tempo, il ringraziamento permanente al Creatore. Che oggi essa scelga dunque di farsi incomprensibile, sciatta e caricaturale è allora un triste ma anche allarmante segno dei tempi. Il sacro cattolico di oggi, con il permesso di certuni responsabili, ritiene che la buona novella di salvezza di Cristo equivalga alla (è una citazione, nessuno scandalo) «merda d’artista».
Nomi prestigiosi
Da qui l’appello al pontefice. Al quale, rispetto a quanto scritto su queste pagine nei giorni scorsi, hanno aderito numerose altre personalità, dal sociologo Leonardo Allodi al giornalista tedesco Paul Badde, dal filologo Francesco Colafemmina al sociologo Pietro De Marco, dall’editore Manuel Maria Grillo all’architetto Steen Heidemann, e poi la francesista Anna Maria Kummer, il teologo Michele Loconsole, l’architetto Ciro Lomonte, il vaticanista Sandro Magister, il grande scrittore tedesco Martin Mosebach, il celebre urbanista Nikos A. Salingaros, l’architetto Stephen J. Schloeder; e tra le centinaia di firmatari (il cui numero cresce di ora in ora, tanto che ogni calcolo mettessi qui in pagina sarebbe già subito vecchio), tra docenti, sindacalisti, architetti, storici, studenti e gente comune, compaiono i nomi del saggista Francesco Agnoli, del parlamentare Luca Volontè, del sociologo Massimo Introvigne, del direttore del periodico Cristianità Giovanni Cantoni.
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Chiaro come il sole, ma al contempo inquietante. Vi si chiede infatti che l’arte sacra cattolica torni a essere semplicemente tre cose: arte, sacra e cattolica. Insomma, se stessa. Già, perché a quanto pare la maggior parte di ciò che oggi viene spacciato per tale non lo è affatto. Paradosso? Mica poi tanto. Basta guardarsi attorno. Hangar al posto di chiese, caos di materia che Platone avrebbe sprezzantemente detto chora invece di statue dalle figure riconoscibili, crocifissi che sembrano tralicci, e via discorrendo. Non bisogna essere un sottile critico d’arte né un raffinato intenditore per rendersi conto del brutto che ci circonda. Che ciò riguardi poi anzitutto e soprattutto l’arte sacra, in specie quella cattolica, è davvero troppo.
L’arte, infatti, è da sempre l’espressione massima della spiritualità, quale che essa sia, e della cultura umana. Parla del rapporto con il Trascendente, raffigura l’intersezione cruciale, come direbbe T.S. Eliot, fra l’infinito e il finito.
Quella cattolica, poi, è stata nel corso della storia la rappresentazione visibile, fin tangibile, dell’Incarnazione del credo in una civiltà fatta d’istituti, d’istituzioni, persino di politiche. Catechismo dei poveri e lectio per i dotti, l’arte sacra è la meditazione costante dell’uomo sulla imprescindibile carnalità della fede, la reificazione liturgica del bello, la lettura sacrale del tempo, il ringraziamento permanente al Creatore. Che oggi essa scelga dunque di farsi incomprensibile, sciatta e caricaturale è allora un triste ma anche allarmante segno dei tempi. Il sacro cattolico di oggi, con il permesso di certuni responsabili, ritiene che la buona novella di salvezza di Cristo equivalga alla (è una citazione, nessuno scandalo) «merda d’artista».
Nomi prestigiosi
Da qui l’appello al pontefice. Al quale, rispetto a quanto scritto su queste pagine nei giorni scorsi, hanno aderito numerose altre personalità, dal sociologo Leonardo Allodi al giornalista tedesco Paul Badde, dal filologo Francesco Colafemmina al sociologo Pietro De Marco, dall’editore Manuel Maria Grillo all’architetto Steen Heidemann, e poi la francesista Anna Maria Kummer, il teologo Michele Loconsole, l’architetto Ciro Lomonte, il vaticanista Sandro Magister, il grande scrittore tedesco Martin Mosebach, il celebre urbanista Nikos A. Salingaros, l’architetto Stephen J. Schloeder; e tra le centinaia di firmatari (il cui numero cresce di ora in ora, tanto che ogni calcolo mettessi qui in pagina sarebbe già subito vecchio), tra docenti, sindacalisti, architetti, storici, studenti e gente comune, compaiono i nomi del saggista Francesco Agnoli, del parlamentare Luca Volontè, del sociologo Massimo Introvigne, del direttore del periodico Cristianità Giovanni Cantoni.
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