La disciplina completa del ricorso all‟arbitrato in merito a contratti pubblici, di
diritto speciale, si ricava solo dalla lettura congiunta dei tre articoli 241, 242 e 243
(anch‟esso modificato dallo stesso art. 5 del D.L.vo n. 53 del 2010, per armonizzarlo al
nuovo testo dell‟art. 241), che trattano rispettivamente dell‟istituto in generale,
dell‟organismo pubblico – la camera arbitrale – appositamente costituito, tra l‟altro, per
sostituirsi eventualmente alle parti per la scelta del terzo arbitro, e di alcuni specifici
aspetti procedurali per gli arbitrati in cui il presidente del collegio sia nominato dalla
camera arbitrale appena richiamata.
Dalle tre disposizioni citate risulta che i modelli arbitrali tracciati sono due,
alternativi, variabili a seconda che il Presidente del collegio arbitrale sia, o meno, scelto
dalle parti, circostanza che determina il passaggio dalla procedura “normale” ad una
procedura arbitrale amministrata, presso l‟organismo appositamente costituito e regolato
dal codice stesso.
Il Codice dei contratti pubblici consolida l‟istituto, esteso a tutte le controversie
derivanti dall‟esecuzione del contratto, offerto alla facoltà delle parti come modello
alternativo per la composizione delle liti, anche in seguito al fallimento del tentativo
della loro prevenzione attuato con l‟esperimento della procedura per l‟accordo bonario,
disciplinata dal precedente art. 240.
Tra le novità introdotte dal D.L.vo n. 53 del 2010 rilevano le formalità necessarie
per l‟attivazione dell‟arbitrato previste dal comma primo bis, art. 241 (aggiunto dalla
novella), il quale prevede l‟obbligo per la stazione appaltante di indicare nel bando,
nell‟avviso o nell‟invito (a seconda del procedimento di gara) se il contratto con
l‟affidatario prevederà, o meno, la clausola compromissoria.
Il D.L.vo n. 53 del 2010 ha conferito all‟aggiudicatario il potere di “ricusare” la
clausola che non è inserita nel contratto, se la parte privata comunica la volontà
declinatoria entro venti giorni dalla conoscenza dell‟aggiudicazione. È vietata
espressamente la stipula del compromesso, e cioè la possibilità dopo il sorgere della
controversia di attribuire alle parti, nell‟esercizio dell‟autonomia contrattuale consentita
dall‟art. 1322 Cod. civ., la decisione ai giudici privati.
La ratio sottesa alla modifica è quella di garantire la tutela del principio di
facoltatività della scelta arbitrale ad entrambe le parti e non solo a favore della stazione
appaltante; è consentita, quindi, all‟aggiudicatario la facoltà di accettare o meno il
percorso arbitrale previsto nel bando di gara. La predisposizione della clausola
compromissoria da parte della P.A. è stata ritenuta dal legislatore idonea a suscitare
consistenti perplessità sulla volontarietà di accedere all‟arbitrato dell‟impresa
concorrente; appare, pertanto, possibile l‟esercizio del potere di ricusazione non solo da
parte dell‟impresa individuata da prima ma anche dei successivi, eventuali,
aggiudicatari a seguito di attività in autotutela della P.A. o dell‟annullamento del
provvedimento da parte del TAR in quanto tali soggetti divenuti, nel frattempo, titolari
della facoltà di ricusazione.
diritto speciale, si ricava solo dalla lettura congiunta dei tre articoli 241, 242 e 243
(anch‟esso modificato dallo stesso art. 5 del D.L.vo n. 53 del 2010, per armonizzarlo al
nuovo testo dell‟art. 241), che trattano rispettivamente dell‟istituto in generale,
dell‟organismo pubblico – la camera arbitrale – appositamente costituito, tra l‟altro, per
sostituirsi eventualmente alle parti per la scelta del terzo arbitro, e di alcuni specifici
aspetti procedurali per gli arbitrati in cui il presidente del collegio sia nominato dalla
camera arbitrale appena richiamata.
Dalle tre disposizioni citate risulta che i modelli arbitrali tracciati sono due,
alternativi, variabili a seconda che il Presidente del collegio arbitrale sia, o meno, scelto
dalle parti, circostanza che determina il passaggio dalla procedura “normale” ad una
procedura arbitrale amministrata, presso l‟organismo appositamente costituito e regolato
dal codice stesso.
Il Codice dei contratti pubblici consolida l‟istituto, esteso a tutte le controversie
derivanti dall‟esecuzione del contratto, offerto alla facoltà delle parti come modello
alternativo per la composizione delle liti, anche in seguito al fallimento del tentativo
della loro prevenzione attuato con l‟esperimento della procedura per l‟accordo bonario,
disciplinata dal precedente art. 240.
Tra le novità introdotte dal D.L.vo n. 53 del 2010 rilevano le formalità necessarie
per l‟attivazione dell‟arbitrato previste dal comma primo bis, art. 241 (aggiunto dalla
novella), il quale prevede l‟obbligo per la stazione appaltante di indicare nel bando,
nell‟avviso o nell‟invito (a seconda del procedimento di gara) se il contratto con
l‟affidatario prevederà, o meno, la clausola compromissoria.
Il D.L.vo n. 53 del 2010 ha conferito all‟aggiudicatario il potere di “ricusare” la
clausola che non è inserita nel contratto, se la parte privata comunica la volontà
declinatoria entro venti giorni dalla conoscenza dell‟aggiudicazione. È vietata
espressamente la stipula del compromesso, e cioè la possibilità dopo il sorgere della
controversia di attribuire alle parti, nell‟esercizio dell‟autonomia contrattuale consentita
dall‟art. 1322 Cod. civ., la decisione ai giudici privati.
La ratio sottesa alla modifica è quella di garantire la tutela del principio di
facoltatività della scelta arbitrale ad entrambe le parti e non solo a favore della stazione
appaltante; è consentita, quindi, all‟aggiudicatario la facoltà di accettare o meno il
percorso arbitrale previsto nel bando di gara. La predisposizione della clausola
compromissoria da parte della P.A. è stata ritenuta dal legislatore idonea a suscitare
consistenti perplessità sulla volontarietà di accedere all‟arbitrato dell‟impresa
concorrente; appare, pertanto, possibile l‟esercizio del potere di ricusazione non solo da
parte dell‟impresa individuata da prima ma anche dei successivi, eventuali,
aggiudicatari a seguito di attività in autotutela della P.A. o dell‟annullamento del
provvedimento da parte del TAR in quanto tali soggetti divenuti, nel frattempo, titolari
della facoltà di ricusazione.
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